...i miei tesori non luccicano né tintinnano,
essi brillano nel sole e nitriscono nella notte...

 

 

Royal Ascot: dove cappelli e glamour coprono il sangue dei cavalli

18/06/2025

Inizia oggi in Inghilterra, a due passi dal castello di Windsor, il Royal Ascot, uno dei più conosciuti e tradizionali eventi di ippica al mondo.

Ancora oggi, dopo due secoli, se ne parla per la sua tradizione, per gli abiti alla moda che vengono sfoggiati dal pubblico altolocato (compresi Re e Regina) e per i costosi cappelli esibiti dalle signore in favore dei fotografi.

La stampa di settore e la stampa generalista si esaltano nel trasmettere immagini di eleganza in un contesto di corse (ben 35 in 5 giorni) che vede presenti scuderie di ricconi provenienti da mezzo mondo, in particolare arabi, americani, asiatici e irlandesi.

In questo ambiente ipocrita, che più volte abbiamo smascherato, nessuno però parla di quello che succede dietro le quinte.

Come in tutte le corse ippiche, i cavalli (spesso giovanissimi puledri che non hanno ancora completato lo sviluppo muscolo-scheletrico e che quindi sono ancora più vulnerabili) vengono costretti a gareggiare in percorsi ad altissimo rischio di incidenti. Che, immancabilmente, avvengono ogni anno.

Si calcola che nei tre eventi ippici più conosciuti al mondo – Royal Ascot, Grand National e Cheltenham, tutti e tre in Inghilterra – siano morti circa 1.400 cavalli secondo le stime di Peta, Animal Aid, Horse Deathwatch e The Coalition for the Protection of Racehorses.

Fratture di pastorali, garretti, metacarpi, bacino, gambe sono le cause più frequenti. A volte i cavalli, spronati oltre il limite a suon di frustate (e spesso anche dopati), collassano e muoiono durante o dopo la corsa. Questi vengono considerati “effetti collaterali” dagli addetti ai lavori e dalla stampa di settore. Nessun riguardo per l'immensa sofferenza che i cavalli sono costretti a sopportare.

Gli ultimi a perdere la vita, lo scorso aprile, sono stati Broadway Boy e Celebre D'Allen al Grand National.

Quelli che sopravvivono sono costretti a una carriera di corse in giro per il mondo, finché sono abbastanza giovani e performanti per fare risultati e ingrassare il ricco giro di scommesse e di compravendite. Ma poi? Cosa ne è di loro, quando diventano solo dei costosi animali da mantenere e curare per i lunghissimi anni della loro vecchiaia, e non valgono più nulla nemmeno come riproduttori? Spesso vengono mandati al macello. Si stima che ogni anno, nel solo Regno Unito, circa 1.000 cavalli usciti dall’ippica vengono uccisi nei mattatoi e trasformati in cibo per cani, mentre altri affrontano orribili viaggi verso l'Europa, dove li attende lo stesso destino. Lo scorso anno abbiamo contribuito a un’investigazione giornalistica di RTE (rete televisiva irlandese), dimostrando come molti cavalli provenienti da Irlanda e Inghilterra siano finiti macellati in Italia dopo aver gareggiato in competizioni ufficiali. 

Credi ancora alla favola che in Inghilterra i cavalli sono protetti e rispettati? Certo, per cultura non li mangiano, ma raramente finiscono la loro vita da anziani.

Anche in Italia, non sapendo più che cosa inventarsi per rilanciare l’ippica in crisi, si cerca di copiare quel modello: in questi giorni, all’ippodromo Le Capannelle di Roma, si è svolta una sfilata di moda con triste sfoggio di cappelli.

Ma cappelli elaborati e abiti eleganti non possono distogliere l'attenzione dalle crudeltà inflitte ai cavalli.

Informati e informa: condividi le nostre battaglie contro lo sfruttamento e l’uccisione dei cavalli nell’ippica.

 

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