...i miei tesori non luccicano né tintinnano,
essi brillano nel sole e nitriscono nella notte...

 

 

La vita non è usa e getta

30/09/2011

(30 settembre 2011)
Il 7 settembre la FNOVI, Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani, ha pubblicato un’analisi su alcuni problemi che ci potremmo trovare davanti nel vicino futuro dal titolo: “Eutanasia e professione veterinaria tra incremento della popolazione equina, legalità e codice deontologico”. Vorremmo evidenziare alcuni passaggi, invitare ad alcune riflessioni e, comunque, alla sua lettura critica; temiamo infatti che l’accostamento che alcuni hanno fatto di questo documento all’aberrante, non documentata, semplicistica e pessimamente argomentata presa di posizione della FVE dell’ 11 luglio scorso (vedi ns. comunicato del 16 settembre 2011) ne abbia disincentivato la lettura.

Oltre alla accurata analisi sui numeri dei cavalli presenti in Italia che conferma la percezione di tutti gli operatori, cioè che non si sa ancora quanti cavalli siano presenti sul territorio nazionale, il documento si pone il problema di una eventuale “sovrappopolazione” equina dovuta al fatto che la vita di un equide è molto più lunga della sua vita come atleta e che un gran numero di cavalli-atleti vengono esclusi dalla macellazione per motivi pratici o etici.

Al di là del fatto che, in mancanza di dati, lo speculare sulla eventuale sovrappopolazione sembra pura accademia, vorremmo segnalare che a nostro avviso l’eventuale problema è mal posto.

Il documento parte da considerazioni condivisibili che possiamo brevemente sintetizzare così:
• La vita di un cavallo continua anche dopo la fine della sua carriera sportiva.

• L’eutanasia come fine carriera configura un reato ed è vietato dal codice deontologico dei veterinari. A chi scrive, poi, l’idea della vita di un essere senziente come esclusivamente funzionale al “sollazzo” o al business della specie dominante riporta alla mente per analogia idee in voga nel periodo più buio del XX secolo.

• L’aumento di equidi non macellabili fa sì che ci debba essere sempre più attenzione al benessere dell’equide non performante; cioè, a parere di IHP, dovremmo finalmente diventare adulti, ovvero responsabili delle creature di cui ci prendiamo carico.

A differenza però dell’eventualità ipotizzata dal documento FNOVI, noi crediamo fermamente che se ben condotto, il passaggio da “animale da reddito” ad “animale da reddito ma suddiviso in DPA e non-DPA”, quindi ad “animale non macellabile” e, infine, ad “animale da affezione” non porti assolutamente ad alcuna “sovrappopolazione” (né a legislazioni da eclisse della civiltà che permettessero un’eutanasia di fine carriera).

Paradossalmente riteniamo che il divieto di macellazione porterebbe benefici economici al settore che si vedrebbe finalmente costretto dallo stesso mercato a diminuire la quantità e ad aumentare la qualità. E l’incremento della qualità porterebbe maggiore e soprattutto miglior lavoro a tutte le categorie professionali coinvolte, primi fra tutti i veterinari ippiatri, che finalmente si occuperanno sempre più di gerontologia equina.

Gli spunti per questo percorso provengono anche proprio dal lavoro della FNOVI che nelle proposte conclusive, che ci sentiamo di condividere e di ampliare, chiede “anagrafe efficace ed efficiente, finalizzata anche al benessere, legislazione sul benessere in linea con i problemi, vaste campagne di informazione, formazione impegnata ed intelligente per professionisti e detentori a qualsiasi titolo”. Ma andiamo con ordine.

Anagrafe: Appare evidente che senza un fotografia del numero di equidi, della loro dislocazione sul territorio, della loro tipologia e peculiarità è difficile fare qualsiasi cosa: è quindi imprescindibile iniziare a far funzionare l’anagrafe equina. Sarebbe auspicabile che in anagrafe si tenesse conto delle cause di morte dell’animale e, nel caso di interventi eutanasici, anche del motivo e del professionista che l’ha operata.

Benessere: Siamo nella assoluta necessità di norme sul benessere degli equidi; troppo spesso le norme attuali, concepite per un gran numero di specie differenti, sono di difficile utilizzo per la specie equina che, ricordiamo, è una specie per troppo tempo non studiata nei suoi aspetti etologici.

Formazione: E’ necessario formare adeguatamente tutti gli operatori che intendono acquistare/allevare un equide. E’ necessario formare gli aspiranti proprietari di equidi sulle norme che dovranno essere rispettate e responsabilizzarli sul benessere dell’animale e, nelle more dell’approvazione dell’auspicato divieto di macellazione, anche sulla tutela del consumatore alimentare. Riteniamo che la mancanza di formazione adeguata possa portare a costi pubblici come infatti viene sostenuto da chi vorrebbe l’istituzione della deresponsabilizzazione legale, cioè dei “campi di concentramento per cavalli a fine carriera”

Assicurazione: Esiste il rischio che il proprietario di un equide possa nei trenta o più anni della vita del suo animale cambiare status economico e quindi non essere in grado di provvedere al benessere e tentare quindi di passare in qualche modo il suo costo ai contribuenti. E’ necessario quindi obbligare ogni proprietario di equide ad una assicurazione in tal senso.

Eutanasia: E’ a nostro parere assolutamente necessario normare in maniera ancora più stringente le possibilità di eutanasia nel cavallo, lasciandola esclusivamente nelle mani di veterinari ed esclusivamente per quei casi dove la vita dell’animale è incompatibile con il suo benessere. Il cavallo è attualmente un animale da reddito anomalo. Infatti il suo valore lo esprime non nelle carni ma nella sua atleticità. Il rischio che l’industria del cavallo possa essere tentata da utilizzare l’eutanasia dei soggetti non performanti come strumento di conduzione aziendale evidentemente esiste. Se fino ad ora l’industria del cavallo ha utilizzato anche la macellazione per far girare gli affari non vorremmo che un domani utilizzasse l’abbattimento indiscriminato. Riteniamo che chi vuole eliminare dalla propria industria i “prodotti” non performanti debba dedicarsi ad un settore che non coinvolga esseri senzienti.

Tutto questo ucciderà il business? Chi scrive ritiene che (purtroppo) il business sopravvivrà; addirittura migliorerà di pari passo al benessere dei cavalli ed alla loro vita media. Si arricchirà di nuove figure culturalmente più preparate e lascerà indietro i viaggi della morte, la macellazione, eventuali idee oscurantiste di eutanasia a fine ciclo sportivo o di campi di concentramento per cavalli “inutili” e comunque l’eticamente impossibile “usa e getta” degli animali.

Sarà insomma, quello dell’equitazione e dell’ippica, un mondo un po’ più pulito . E’ però necessaria una visione globale della situazione, senza farsi prendere la mano da idee semplicistiche ed eticamente inaccettabili come quelle espresse dalla FVE o da chi addirittura pretenderebbe che utilizzate e sfinite le potenzialità atletiche del proprio animale possa chiedere al veterinario di ucciderlo per poter abbattere i costi di gestione o comprarne/allevarne uno “nuovo”.