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L’imprinting training nei puledri: se lo conosci lo eviti

  • Etologia

(6 novembre 2012)

L’imprinting come descritto da Konrad Lorenz con gli anatroccoli, nel suo libro “l’anello di re Salomone”, non esiste nei mammiferi perché la prole dei mammiferi ha un’evoluzione filogenetica e di sviluppo totalmente diversa dai volatili, sviluppo che non prevede (meglio sarebbe dire non necessita) quella tipologia di apprendimento chiamata imprinting (come facilmente dimostrato dal fatto che comunque in tutti i casi in cui è stato tentato questo tipo di addestramento, i neonati dei mammiferi non seguono l’essere umano come facevano gli anatroccoli con Konrad Lorenz)1.

L’imprinting proposto nei puledri, di cui si parla oramai da molti anni in un libro di un veterinario statunitense, non ha niente a che vedere con l’imprinting descritto da Lorenz. La tecnica proposta dai promotori dell’imprinting training nei puledri in realtà (se considerata dal punto di vista dell’etologia applicata) è una variante del “floading”.

Il floading è una tecnica di addestramento estremamente coercitiva, in cui l’animale, tenuto fermo con tecniche di contenimento di vario tipo, viene costretto ad essere toccato nelle diverse parti del corpo e più in generale viene costretto a subire tutte le manualità dell’essere umano, finché non si riduce drasticamente la sua capacità di reazione.
L’esempio classico nei cavalli più adulti è dato dalle molte tecniche impiegate per domare i cavalli bradi (la sella o la cavezza che sono posizionate costringendo il cavallo a stare immobile, bloccandolo in un corridoio o in un travaglio, sono un esempio esaustivo di “floading”).

L’imprinting training proposto per il puledro ha, se vogliamo, caratteristiche ancora più invasive se consideriamo che è eseguito su puledri appena nati, in certi casi addirittura impedendogli di fare la prima puppata di colostro materno (cosa questa che, oltre che eticamente inammissibile, può portare a gravissimi problemi di salute del puledro, se consideriamo il fatto che con il colostro il puledro assume i primi anticorpi e che questa tecnica, estremamente stressante, riduce le difese immunitarie del puledro), poi trattenendolo a terra e costringendolo, oltre a non avere il primo contatto con la madre (cosa essenziale per uno sviluppo equilibrato di tutti i neonati) a subire tutta una serie di manualità costrittive e invasive, anche fisicamente. Questa tecnica ha solo effetti temporanei, dovuti solo all’estrema coercizione posta in atto2.

Tutto ciò non ha niente a che vedere con un miglioramento della relazione futura fra puledro e essere umano, come dimostrato scientificamente. Mentre grandissimi benefici potrebbero essere tratti da un’interazione tranquilla e rilassata dell’essere umano con la madre del puledro (spazzolandola, accarezzandola, ecc…), lasciando quest’ultimo libero di decidere se, come e quando interagire con l’essere umano3.

Invitiamo tutti a riflettere su queste righe e a documentarsi ulteriormente.

Fonti bibliografiche:
1. Houpt K.A. (2007) Imprinting training and conditioned taste aversion. Behavioural Processes, 76:14-16.
2. Lansade L., Bertrand M., Bouissou M.-F.(2005) Effects of neonatal handlingon subsequent manageability, reactivity and learning ability of foals. Applied Animal Behaviour Science 92:143-158.
3. Henry S., Hemery D., Richard M.-A. Hausberger M.(2005) Human–marerelationships and behaviour of foals toward humans. Applied Animal Behaviour Science93:341-352.


Dott. Paolo Baragli (Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Pisa)
Responsabile scientifico dell’Italian Horse Protection association