Trattamento di depolverazione, sterilizzazione, reidratazione dei foraggi attraverso la cottura al vapore
Relazione del Dott. Vet. PhD Flavio Pasquali
Parliamo di una delle più temibili e insidiose problematiche invalidanti il cavallo: la malattia cronica ostruttiva o enfisema cronico, più comunemente chiamata bolsaggine (COPD: chronic obstructive pulmonary disease.
Ricerche specifiche nei Paesi a più alta densità d’utilizzo sportivo/ludico riportano che l’esercizio eccessivo, al pari della sedentarietà e a noxa (nocività) allergiche ambientali possono aprire “una finestra di suscettibilità” verso le influenze stagionali (per lo più da virus H3N8 ed HH7N7) e portare all’insorgenza di sintomatologia respiratoria “strisciante”, anche se con meccanismi diversi.
Si manifesta per lo più mentre si consuma il pasto o subito dopo, è produttiva e si possono percepire rantoli crepitanti e brevi fischi in corrispondenza dell’alzarsi e dell’abbassarsi del torace. La diagnosi si formula sulla base di un’accurata ricostruzione della comparsa sintomatologica, frequenza, orari, stagione, l’eventuale presenza di essudato tracheo-bronchiale e sua eventuale valutazione con utile approfondimento endoscopico.
Come per tutte le patologie, è favorita da una predisposizione genetica. Concause aggravanti possono essere la mal gestione delle sudate, le sindromi parainfluenzali, l’umidità costante dell’ambiente di riposo, la sedentarietà subìta e quell’insieme “oscuro” che va sotto il nome di polluzioni ambientali.
È oramai universalmente riconosciuto che il fattore statistico dominante, l’insorgenza, è un’esposizione e sollecitazione allergica protratta nel tempo che può causare una malattia a decorso irreversibile.
È una malattia del tessuto polmonare legata all’età (di solito dopo i 5/6 anni) e alla qualità di vita, un po’ come per noi umani che presentiamo un’analogia, la BOC (bronchite cronica ostruttiva).
Il soggetto presenta dispnea (respiro veloce), sudorazione eccessiva dopo uno sforzo, cute secca, pelo che si spezza facilmente, scolo nasale. È in atto spesso da tempo una bronchiolite subclinica (inapparente all’occhio) con cambiamenti strutturali delle pareti. L’atteggiamento di esigenza di maggiore afflusso d’aria fa inspirare frequentemente con le narici dilatate, mentre l’espirazione (lo svuotamento passivo dell’aria immessa) prolungata, viene accompagnata da un contraccolpo caratteristico al fianco (profonda contrattura addominale nella fossa, alla fine della pancia). L’immissione d’aria che dilata le pareti compare sdoppiata, mentre appare la tosse, che peraltro è un meccanismo naturale che serve a liberare il catarro dalla trachea: è causata dal catarro stesso prodotto in risposta all’allergene.
L’ambiente in genere si arricchisce sempre più di allergeni (campi abbandonati, cotichi erbosi non falciati, anemofilia (impollinazione portata dal vento con essenze impreviste e sconosciute).
La problematica è ingravescente (tende a peggiorare) Le mucose appaiono anemiche. I sintomi sono dapprima nasali (sternuti, secrezioni acquose), oculari (arrossamento, gonfiore, lacrimazione) respiratori (respiro affannoso e corto con tosse irritativa) e cutanei (ponfi e pruriti). Sintomi comuni e frequenti sono l’irritabilità e la stanchezza.
Il soggetto respira facendo rumore tipo uggiai (respiro rumoroso consapevole, un termine conosciuto da chi pratica yoga, che produce artificialmente il restringimento della glottide).
La meccanica della respirazione è alterata per l’indurimento (da perdita di elasticità) delle vie respiratorie; ogni singolo alveolo non si gonfia (resta leggermente più grande al corrispondente sano nell’ispirazione) né si sgonfia completamente (rimane un po’ dilatato nell’espirazione), garantendo così la presenza costante di area residuale che non facilita lo scambio dell’aria col sangue. Da ciò derivano condizioni generali di metabolismo scadenti per scarso approvvigionamento di ossigeno (indotta diminuzione complessiva di resistenza a qualsiasi tipo di lavoro). La distensione del tessuto alveolare causa un assottigliamento delle pareti che possono anche rompersi, causando sacche aeree.
La medicina veterinaria mondiale concorda nel riconoscere che la fase primaria della Copd va identificata in una ipersensibilità nei confronti di talune sostanze allergizzanti (pollini, acari, polveri in sospensione, muffe, metano, ammoniaca, solforati …)
Nel tentativo di aiutare la fase espiratoria, si attivano i muscoli ausiliari del respiro (gli intercostali e taluni dell’addome). I muscoli respiratori vanno incontro ad ipertrofia (ingrossamento) e contribuiscono a modificare il profilo della sagoma del soggetto e l’aspetto dell’addome stesso (definito a botte per la oggettiva similitudine)
Le narici appaiono spesso dilatate (a tromba, appunto) ed infiammate; manifestano grande mobilità e regolano platealmente l’afflusso della quantità d’aria che viene riscaldata nelle fosse nasali, umidificata e parzialmente depurata dalla polvere.
Ricordiamo che le narici sono divise dal setto in 3 meati, dorsale l’olfatto, ventrale porta in faringe ed il medio comunica con i seni paranasali (sede di sinusite) e poi verso la laringe (la voce del cavallo). I movimenti di apertura e chiusura della glottide prendono parte all’insorgenza del fenomeno “tosse.”
Il cavallo non può respirare attraverso la bocca: questa situazione anatomica rende praticamente impossibile il fenomeno del vomito. Faringe e laringe sono sede di alterazioni che causano i rumori respiratori (il più frequente è il corneggio o fischio, causato dalla paralisi flaccida di una corda vocale, che si avverte al massimo dello sforzo). Una reminiscenza scolastica: la superficie respiratoria del cavallo (di tutti gli alveoli) raggiunge addirittura gli 11 cm quadrati per grammo di peso corporeo (contro i 7 dell’uomo).
Nei momenti di maggiore difficoltà respiratoria, si ha la protrusione dell’ano (estroflesso) che può emettere gas o materiale fecale in sincronia al colpo di tosse. Il polso è debole e sottile. L’ecografia può mostrare la modica ma costante presenza di liquido pleurico. Occasionalmente, tali soggetti possono mostrare un netto peggioramento all’esposizione al calore estivo (fattore cosmopatogeno di rilievo).
Qualsiasi elemento stressante l’albero respiratorio può favorire l’insorgenza di patologie del respiro. La difficoltà respiratoria produce irrequietezza ed il soggetto manifesta la così detta “fame o sete d’aria”. Non sono infrequenti problemi podali associati. Se lo stimolo continua nel tempo, si ha broncospasmo continuo, che a lungo andare restringe in modo permanente il diametro degli elementi terminali dell’albero bronchiale. Il fiato diventa corto e l’aria resta intrappolata all’interno degli alveoli polmonari che hanno perso l’elasticità. Questo quadro definisce l’enfisema.
La terapia allopatica prevede l’uso di corticosteroidi (antinfiammatori), broncodilatatori (per migliorare l’elasticità) e mucolitici (per rendere più fluido il catarro ed avere le caratteristiche di espulsione col movimento delle ciglia vibratili dell’endotelio bronchiale).
Senza dubbio, la forma di allergia più conosciuta è quella respiratoria. L’alimentazione è la fonte principale di immissione ravvicinata di polveri. La suscettibilità è ovviamente individuale e corrisponde ad un certo profilo ematico. Una volta individuato l’allergene si può tentare una cura desensibilizzante, con iniezioni a dosi scalari delle sostanze incriminate. Occorre però considerare che questa tecnica, tradotta dalla terapia umana, può dare scarsi risultati, con due sole certezze: i tempi lunghi ed i costi.
Lo stile di vita, lo ribadiamo ancora una volta, è il più onesto dei farmaci, in quanto migliora in maniera costante e tangibile. Alcuni suggerimenti d’ordine pratico:
1 - Le operazioni di gestione quotidiana (asportazione deiezioni, ramazzatura, riappaglio, immissione fieni..) devono essere effettuate in assenza del soggetto che nel frattempo può brucare e sgambare.
2 - Spazzolare all’aperto il cavallo: la polvere del pelo, i crini, la forfora (microflora cutanea) ed altri microinquinanti ambientali, come materiale vegetale e minuscole parti d’insetti, sono dannosi.
3 - Offrire del movimento guidato almeno a giorni alterni in luogo aperto ed ombroso: l’eccesso di confino in box e la noia sono molto dannosi.
4 - È bene alloggiare i soggetti in ambienti puliti e passeggiarli nelle ore più favorevoli della giornata (estate mattino presto e prima dell’imbrunire), d’inverno nelle ore centrali.
5 - Eliminare le particelle organiche inalabili ed il materiale d’origine fungina che è potenzialmente presente in fieno, mangime e lettiera, assieme a tafani (grossa mosca succhia sangue) ed ai simulidi (microinsetti ematofagi che si muovono a nuvola).
6 - Vaccinare per le malattie respiratorie all’età giusta, dopo sverminazione, e “richiamare”, predispone a stimolare la robustezza dell’individuo.
7 - Cercare di promuovere la vita di relazione coi propri simili. Tenerli all’aperto con tutte le stagioni nelle ore migliori della giornata è il modo migliore.
8 - Evitare la convivenza col bovino, che ama il caldo e l’umido e non aprire la balla in stalla se non depolverata.
9 - Non eseguire opere di giardinaggio e fienagione nei pressi dell’’animale.
10 - Evitare al soggetto sensibile il pascolo nelle ore calde durante il periodo della fioritura.
11 - Il truciolo come lettiera può essere fastidioso, soprattutto se dovesse contenere residui di legni come la mansonia o sfrido di vernici trasparenti.
12 - Non drammatizzare! Anche se non esistono ritrovati miracolosi, si può contenere la malattia su base allergica e gestirla con attenzione. Perseveranza ed equilibrio daranno risultati. L’igiene ambientale quotidiana attenua senz’altro la sintomatologia o quantomeno gli eccessi. Il buon senso gestionale può ritardare l’insorgenza della bolsaggine.
13 - Scegliere un veterinario che abbia avuto i cavalli e che consigli farmaci solo nell’emergenza.
“L’altro fieno”
Paglie e fieni hanno condizionato da sempre indici di produzione, salute e, aggiungiamo, di patologie: ciò per lo più per cavalli e conigli, le due specie forse più subordinate nelle malattie da gestione alimentare in cattività. Il fieno è naturalmente ricco di pollini (allergeni), in quanto tagliato prima della fioritura (per mantenerne concentrati i principi nutrizionali).
L’uovo di colombo sta nel “sanificare” il re degli alimenti, e cioè il ballino di graminacee e leguminose, che è da sempre la forma più maneggevole di somministrazione e conservazione.
L’origine d’uso del fieno partiva come scorta invernale perché il maggenco (per antonomasia l’esplosione primaverile dei polifiti) veniva da sempre usato come approvvigionamento per il periodo a condizioni climatiche più sfavorevoli. Qualcuno ancora calcola che sia sufficiente una previsionale di 90 balle medie per due cavalli (1/2 ciascuno al dì) per svernare (i 90 giorni del freddo d’un tempo, tra dicembre gennaio e febbraio, quando le porte delle stalle restavano chiuse).
Somministrare un fieno “bonificato” è la soluzione a molte problematiche, senza nulla togliere alle sostanze ed essenze contenute, né fibra.
La vaporiera è un indispensabile componente di stalla: non è altro che un maxi trolley, che permette, in circa mezz’ora ed un consumo medio di 5 litri d’acqua per ogni balla standard (15/25 kg.ca) la “reidratazione sterilizzata”. L’indubbio vantaggio di questo “contenitore” è la certezza di propinare qualsiasi imballato le cui componenti allergico/polverose vengono di fatto rese inerti, allontanando così il pericolo di crisi asmatiche “alimentari”.
Si badi bene: reidratazione e non bagnatura. La prima difatti provoca un lieve ingrossamento generalizzato delle fibre vegetali che sono state disidratate dopo il taglio per effetto dei raggi ultravioletti solari. Tale semplice accorgimento fa riapparire gli aromi del fresco, migliorandone al contempo l’appetibilità e la gradevolezza; allo stesso tempo neutralizza, abbattendolo a livello insignificante, l’inevitabile “particolato allergenico” presente. Inoltre tale trattamento ammorbidisce i microscopici pistilli presenti su tutti gli steli di qualsiasi vegetazione, che con l’essiccamento si irrigidiscono, e la cui continua deglutizione nel tempo è causa di raschiamenti alle pareti dell’apparato respiratorio e gastrointestinale, causa anche questi di disfunzioni a tali apparati.
Se ne consiglia l’uso anche in trasferta, tutte le volte che non sia possibile conoscere l’ineccepibile origine dello sfalciato. Non è raro difatti, trovare a buon prezzo del fieno “vecchio” ove talvolta può essere presente un cocktail di alterazioni di degrado botanico. Queste non di rado provocano altrettanto subdole alterazioni subcliniche che possono preparare all’esordio di seri disturbi della fisiologia digestivo/respiratoria.
In tale ”cofanetto miglioratore” può essere introdotto anche del prodotto sfuso ed il risultato è pari ad una disinfezione con un minimo di dispendio energetico. Si può prestare, se necessario e con tecnica adatta, ad una “additivazione farmacologica” per un accompagnamento terapeutico.
Non ultima la considerazione di riflesso di medicina preventiva nei confronti del “groom” e in genere a chi si accosta al momento alimentare del cavallo: prevenzione di IAD (malattia infiammatoria delle prime vie aeree) e RAO (ostruzione ricorrente delle vie aeree) fastidi che talvolta condizionano il prepensionamento di molti addetti.
Le buone pratiche operative per chi vuol bene al proprio cavallo: ragionamenti dall’esperienza veterinaria di “campo” e di ricerca. The horse gmp (good manual practic).
Il box: dev’essere ampio (almeno 4x4) e fenestrato (finestra più o meno grande ma sempre aperta estate e inverno) con ingresso sportellone a vista esterna esposto ad est/nordest (più fresco e con maggiori riferimenti al ciclo giorno/notte). Tetto termicamente isolato (ventilato è l’ideale = spazio di passaggio d’aria fra l’interno e la copertura esterna).
Nel box non deve essere presente umidità, eventualmente ovviare rialzando il pavimento con una tavolatura, tipo bancale fitto. No al solo strato di lamiera a tetto o laterale, d’estate s’infuoca e trasmette il caldo anche di notte, provocando stress termico, d’inverno poi non protegge più di tanto. D’estate telo ombreggiante nella parte di paddock sud/ovest. Il box dovrebbe sempre avere delle griglie di aerazione in basso ed in alto, come ad esempio prescritto per le nostre cucine e bagni.
Per un cavallo con bolsaggine agli esordi e che non può usufruire di paddock, fornire lettiera di canapa (bastano 20 kg. per settimana). Assorbe, è d’odore gradevole e non va mai rinnovata totalmente. È un ecosistema per lo zoccolo sferrato. Si può usare anche torba (lettiera scura).
Polvere di stalla
La forma più pratica e diffusa di conservazione e manipolazione di alimento d’origine vegetale è il ballino, un parallelepipedo di 20x50x120 circa che va dai 15 ai 20 kg a seconda della regolazione dell’imballatrice e del taglio. Si presta benissimo allo stoccaggio, all’impilamento in particolare e, col gioco degli incastri, alla costruzione razionale di grossi “lego” che permettono un utilizzo creativo. Talvolta costituiscono una presenza costante di allergene ambientale, per la presenza in sospensione continua di essenze stimolanti lo starnuto. A fronte di tanti pro, se non correttamente e qualitativamente prodotto e conservato, il compresso è la madre d’un ventaglio di patologie, le più insidiose. La mini dose di inquinante quotidiano “sensibilizza” il soggetto e basta una piccola provocazione di polvere allergica per scatenare la reazione istaminica.
Da sempre, in campagna, quando una fienagione viene giudicata inadatta alle lattifere o ai vitelli, male o troppo essiccata, con presenze di infestanti sgradite, come ad esempio la carota selvatica, il rumice…), che ha preso acqua o è stata toelettata (da rotoballe srotolate e muffe si fanno dei ballini con aspetto accettabile) si dice: <la mandiamo per cavalli, quelli mangiano tutto, basta che costi poco e gliela consegni a domicilio>. In molte realtà funziona così, ed in tale anomalia commerciale se ne inseriscono altre che propongono costose alternative che creano all’equino, erbivoro, non dimentichiamolo, un altro ordine di problematiche che, dal respiratorio virano al digestivo (coliche e sindromi correlate).
Miglioriamo il management del cavallo: sarà un’ottima palestra per mettere in discussione ed affinare anche il nostro stile di vita.
Per i soggetti con problematiche respiratorie acquisite, risulta efficace lettiera con corteccia di conifera, pino mugo o eucalipto (i migliori balsamici ambientali).
Si calcola che, in stretta analogia con gli umani, il 25% dei cavalli soffra di rinite allergica, con lieve prevalenza nel sesso femminile; eguale anche l’esordio pluristagionale (da febbraio a settembre) e la proiezione “perenne” (parietaria, plantago, artemisia, betullacee tra le prime). Si crea un cross di reazioni tra allergeni alimentari e respiratori (anche acari e micofiti tutti, aspergillus, penicillum…).
Il miglior fieno è indubbiamente quello di primo taglio preferibilmente d’altura, il più ricco e polifita: formato da tante essenze bilanciate, ha tutte le sostanze concentrate in attesa dell’esplosione primaverile. Un’attenzione dei tempi era somministrarlo “tagliato”, (la vecchia mescola contadina consisteva in “aprire tre ballini, rispettivamente paglia, fieno di prima ed uno di seconda, e di questi, una forconata dell’uno e dell’altro creava il pagliaio unico di somministrazione quotidiana per la stalla, graminacee e leguminose, senza scelta, anche per omogeneità digestiva).
Il fieno dev’essere grosso, ricco di fibra, che stimola la masticazione e la salivazione (prima digestio fit in hore: la prima digestione avviene in bocca). L’alimento grosso costringe ad una masticazione più accurata prima di inghiottirlo e l’animale “si guadagna” di più il cibo e nel contempo produce più saliva nello sminuzzamento (con relativi enzimi predigestivi).
Come riconoscere un buon fieno: non deve provenire da concimazioni con liquame suino (il cavallo non ne gradisce l’odore) così come è da evitare quello ricavato da pascolo recente di ovini (presenza potenziale di parassiti). Preferibile un primo sfalcio tagliato lungo, prima della fioritura (sostanze concentrate, alto valore proteico). Col fieno “lungo”, se ne valuta meglio la qualità (composizione) ed integrità, nonché la corretta asciugatura (anche per escludere la presenza delle terribili aflatossine).
Il cavallo è un animale che tende a mangiare tutta la giornata (poco e spesso, con brevi periodi di riposo) e la fibra irregolare stimola la sua peristalsi (movimento a serpente dell’intestino) con un salutare massaggio di transito. Nota bene che la maggior parte delle coliche è condizionata da carenza di fibra e peristalsi; conseguenti appaiono fermentazioni da ristagno, dovute ad eccessi di alimento di scarsa qualità ed abnorme produzione di gas. La maggior parte dei soggetti a sfondo colico risulta mal gestita anche nelle uscite.
Dott. Vet. PhD Flavio Pasquali
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