...i miei tesori non luccicano né tintinnano,
essi brillano nel sole e nitriscono nella notte...

 

 

Il mondo del cavallo attraverso i cinque sensi

  • Etologia

di Rachele Malavasi, consulente in etologia per la Scuola di Equitazione Etica

Nelle ampie steppe dell’Asia, dove lo sguardo si estende a perdita d’occhio e tutto si tinge di ocra: è qui che il cavallo ha evoluto vista, udito, olfatto, gusto e tatto. I suoi sensi sono ideali per scandagliare le ampie steppe, evitare di ingerire i frequenti sassi fra le erbe di questi pascoli aridi, e mettersi in salvo dagli attacchi dei predatori. Noi invece siamo raccoglitori e abbiamo costruito intorno a lui un mondo fatto di dettagli e distanze ravvicinate: come aiutare il cavallo a districarsi in questo ambiente?

Una vista specializzata

Coerentemente con l’ampiezza delle steppe, il cavallo ha evoluto una pupilla rettangolare attraverso cui vede un mondo…rettangolare, proprio come noi, con la nostra pupilla rotonda, vediamo la realtà in una cornice della medesima forma. La parte superiore ed inferiore del campo visivo del cavallo sono sfuocate, mentre poco sotto la linea mediana si trova una zona ricca di coni, i recettori deputati alla visione nitida. Questo è il motivo per cui il cavallo, per vedere qualcosa lontano, solleva leggermente il mento: deve inquadrarlo in questa area così da identificarlo per bene. Se poi questo “qualcosa” è in movimento, è facile che il cavallo rivolgerà il naso nella sua direzione, per inquadrarlo nella zona di visione binoculare: mentre il raggio visivo degli umani si sovrappone di ben 120° (visione binoculare), permettendoci di percepire la profondità praticamente ovunque spazi il nostro sguardo, il cavallo ha occhi posti lateralmente e con una visione binoculare in un arco di soli 60°. Pensate quindi quanto sia importante per un cavallo in movimento poter muovere liberamente la testa per capire la distanza degli oggetti intorno a sé: spesso nelle gare di salto i cavalieri tengono le redini ben tese impedendo ai cavalli di allungare la testa e quindi calcolare bene la distanza dall’ostacolo. Per simili motivi, quando i cavalli vengono tenuti nella posizione di “incappucciamento” o “rollkur” non possono far altro che affidarsi al cavaliere: date le loro caratteristiche sensoriali, con la testa così piegata non sanno dove vanno. In questo caso, c’è da considerare anche che i cavalli non vedono granché sopra alla linea della fronte, proprio per la loro pupilla rettangolare.

Ma la percezione della profondità va a discapito dell’acutezza visiva: se il cavallo vuole vedere bene i dettagli, deve usare un solo occhio. Per questo lo vedrete girare leggermente la testa mentre vi avvicinate con qualcosa in mano. Anzi, fategli un favore: fermatevi a circa 2 metri di distanza per lasciarlo osservare, perché al di sotto di quella distanza ci vede meno bene, un altro adattamento alla vita nelle steppe dove i dettagli vicini sono poco utili. Inoltre, appena sotto il naso il cavallo ha una zona d’ombra in cui non vede proprio nulla: noi non ci pensiamo perché il nostro naso non è molto ingombrante (dipende…) e, abbassando lo sguardo, vediamo il nostro petto. Il cavallo no: se volete fare una caccia al tesoro, in cui lo portate a trovare leccornie nascoste nel prato, ricordatevelo e indicategli i posti da una certa distanza! E mi raccomando: se fate la caccia al tesoro di notte, andate senza torcia! Il cavallo ha un’ottima visione scotoscopica, dovuta ad un tappeto riflettente la luce (tapetum lucidum) che amplifica anche il minimo bagliore. È un adattamento alla vita notturna di molti predatori che gli rende però difficile adattarsi alla luce intensa o ai repentini cambi di illuminazione, per esempio entrando in scuderia dopo un’attività serale.

Ora chiudete gli occhi e immaginate le distese dell’Asia: quali colori vi vengono in mente? Il cielo blu e mille sfumature di giallo e marrone, di certo non il rosso delle mele o dei secchi! Ovvio quindi che il cavallo abbia evoluto una visione dicromatica, ovvero con due soli coni e non tre come noi, in cui manca proprio il rosso: vede sfumature dal blu al giallo, passando per il verde ed il marrone, e non percepisce i colori brillanti. Questo non gli impedisce certo di puntare un bel secchio rosso sul prato, sebbene per lui sia quasi tono su tono! 

Super-udito ad alte frequenze

Con i 16 muscoli della pinna, contro i soli 3 del nostro padiglione auricolare, il cavallo è in grado praticamente di parlare con le orecchie. Dai loro movimenti sappiamo non solo a cosa è attento in quel momento, ma anche cosa vuole indicarci. Ma ne parleremo meglio quando affronteremo il tema della comunicazione… 

L’orecchio del cavallo è specializzato per udire le alte frequenze: percepisce dai 50Hz fino ai 33KHz (contro i 20Hz – 20KHz dell’uomo) e grazie alla forma del padiglione auricolare amplifica le più alte frequenze di 10-20Db. Dunque il cavallo percepisce con particolare sensibilità suoni che noi non udiamo: attenzione ad utilizzare la radio nei maneggi, specie con i cavalli più giovani. L’acutezza uditiva diminuisce infatti con l’età (a partire intorno ai 15-18 anni), come d’altronde accade negli esseri umani. 

Non è solo la vista ad essersi adattata alla vita in ampi spazi: il cavallo ha una scarsa capacità di localizzare la sorgente sonora, che colloca in un raggio di circa 20-30°, meglio di quello del topo (33°) e peggio del gatto (5°), mentre noi esseri umani e gli elefanti abbiamo un raggio di errore di una frazione di grado. Se si sta avvicinando un predatore, infatti, un cavallo non ha bisogno di sapere esattamente dove si trova, quanto l’area da dove viene, per fuggire nella direzione opposta. Ed ha anche bisogno di sentirlo a distanza: si pensa che sia in grado di percepire suoni fino ad 1km, persino 4km secondo alcuni, ma ovviamente dipende dall’intensità e dare un valore univoco è impossibile.

Il fatto di non riuscire ad identificare immediatamente la sorgente sonora significa che ha bisogno di sentire almeno una seconda volta quel suono per identificarne la provenienza, restando in attesa con la testa alta: dobbiamo lasciare che ascolti e calarci nella sua realtà. Al di là di questa carenza, fra la percezione più ampia dello spettro sonoro, l’amplificazione dovuta alla pinna e la possibilità di muoverla in ogni direzione, il cavallo ha un quadro stereofonico della realtà molto dettagliato!

Gli altri sensi

Le ricerche sugli altri sensi sono meno approfondite. Relativamente al tatto, che dovrebbe essere uno dei sensi più studiati dato che è il principale mezzo di comunicazione da sella, sappiamo che il cavallo percepisce pressioni sul corpo che noi non siamo in grado di percepire, e che il suo cervello è particolarmente sviluppato nelle zone deputate proprio all’area tattile di bocca e naso: quante riflessioni dovremmo fare sull’uso dell’imboccatura! La lingua è inoltre dotata di papille fungiformi che permettono di discriminare i corpi estranei e questo spiega perché nello stomaco dei cavalli che vivono fra i detriti si trovano pochissimi oggetti estranei, al contrario di quanto accada per le mucche che mancano di queste papille.

Il senso dell’olfatto è fondamentale per il riconoscimento individuale, sia attraverso la pelle che le feci: quando si odorano il fiato reciprocamente, i cavalli percepiscono lo stato ormonale dell’altro e reagiscono di conseguenza; odorando le feci riconoscono chi le ha prodotte e, se si tratta di feci di più cavalli, potrebbero interpretare anche il loro legame sociale. Come altri mammiferi, anche il cavallo ha un organo vomero-nasale posto sotto il palato: durante il flehmen, in cui il cavallo allunga il collo e solleva il labbro superiore, viene aperto l’ingresso all’organo, che permette di far arrivare velocemente al cervello alcune molecole particolarmente rilevanti, soprattutto ferormoni.

 

Riferimenti bibliografici:

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Rørvang, M. V., Nielsen, B. L., & McLean, A. N. (2020). Sensory abilities of horses and their importance for equitation science. Frontiers in Veterinary Science7, 633.