...i miei tesori non luccicano né tintinnano,
essi brillano nel sole e nitriscono nella notte...

 

 

L’Anemia Infettiva Equina, da bufala rischia di tramutarsi in truffa

27/04/2012

(27 aprile 2012)

Da qualche anno l’Italian Horse Protection tenta di dimostrare che l’attuale normativa sull’AIE è un castello di carta, costruito sull’onda di un panico ingiustificato e senza reali fondamenta scientifiche.
Grazie ai dati forniti dai laboratori e dagli esperti di malattie infettive in Italia e grazie all’osservazione del branco di cavalli sieropositivi ospitati nel nostro centro di recupero, sappiamo che questa malattia ha un’incidenza talmente bassa (sia intermini di mortalità che in termini di possibile trasmissione ad altri equidi) da risultare irrilevante.

Abbiamo più volte chiesto una revisione della normativa che prendesse atto di questo; abbiamo ripetutamente offerto al Ministero la possibilità di utilizzare il nostro gruppo di cavalli come osservatorio nazionale, per studiare finalmente la malattia e adeguare la normativa all’effettiva necessità di controllarla. Ci siamo affiancati alle proprietarie di Rocket nella battaglia per la sua liberazione da un provvedimento illegittimo.
Dal Ministero abbiamo ricevuto sempre silenzi o parole di circostanza.

Come non rimanere sconcertati, dunque, di fronte alla notizia che il Centro di Referenza per l’Anemia Infettiva Equina in Italia applicava su larga scala un test non ufficiale per “scovare” i cavalli sieropositivi, lo stesso utilizzato per Rocket? Si tratta del famigerato immunoblotting, test non utilizzabile a scopo diagnostico, tant’è vero che nessun laboratorio in Italia è certificato per il suo uso. Ci siamo sempre chiesti quanti cavalli sani siano stati uccisi a causa di provvedimenti illegittimi come quello di Rocket, basati sull’immunoblotting (anche perché alcuni proprietari di animali dichiarati positivi ci hanno riferito di pressioni ricevute da veterinari Asl per abbatterli, commettendo così un reato…pressioni sempre verbali e mai scritte, ovviamente).

Oggi, nell’articolo scritto da Margherita D’Amico su La Repubblica, viene fuori che quello stesso laboratorio ha comprato dei muli dichiarati positivi all’AIE (probabilmente non lo erano), ci ha fatto sperimentazione per sei mesi con un progetto finanziato dal Ministero della Salute e, alla fine, li ha mandati al macello. Scandaloso.

E pensare che all’inizio della vicenda di Rocket avevamo pensato a un errore in buona fede, fatto da un laboratorio un tantino distratto. Invece pare che le cose stiano diversamente.

Finora abbiamo sempre detto che il panico per l’anemia infettiva è una bufala: lo stesso Prof. Passamonti dell’Università di Perugia, esperto di malattie infettive degli equini, afferma infatti che “Nel 2009 in Italia la prevalenza dell’AIE era lo 0,14%, solo 117 casi di nuova positività nel 2011, perlopiù fra i muli dei tagliaboschi in Abruzzo e nel Lazio. In una situazione così tranquilla non vedo il senso di eccedere nello zelo”.

Adesso, alla luce di queste ultime notizie, ci sentiremmo quasi di usare il termine truffa per inquadrare quello che sta succedendo. Per toglierci il dubbio e per fare giustizia andremo avanti nella nostra battaglia.

E l’ostinato silenzio del Ministero diventa adesso imbarazzante.