...i miei tesori non luccicano né tintinnano,
essi brillano nel sole e nitriscono nella notte...

 

 

Crisi dell’ippica: qualcuno pensi anche ai cavalli

12/12/2011

(12 dicembre 2011)

Dopo mesi di comunicati allarmistici diffusi dalle varie associazioni che rappresentano ippodromi, aziende, allevatori e le corse di trotto e galoppo in Italia, è di tre giorni fa un comunicato della Federippodromi, che annuncia la chiusura di tutti gli ippodromi italiani dal 1 gennaio. Solo pochi giorni prima, quello bolognese dell’Arcoveggio aveva dichiarato la propria chiusura, sempre a partire da gennaio.

Sembra che si stiano materializzando i segnali che le associazioni animaliste lanciano da parecchi anni, da quando l’Unire, seguendo i modelli di altri Paesi, ha tentato di spingere sempre di più sull’acceleratore nello sfruttamento dei cavalli, paradossalmente nel momento storico in cui gli italiani hanno iniziato a perdere interesse per questa industria del gioco e delle scommesse costruita sulla pelle di esseri senzienti, con le scommesse che precipitavano di anno in anno: solamente nei primi sette mesi del 2011 si è registrato un -18,4% rispetto allo stesso periodo del 2010.

Ma negli ippodromi, al contrario, si continuavano a far girare sempre più cavalli, cercando di recuperare risorse tagliando le spese di mantenimento: cioè, di fatto, abbassando sempre più l’età in cui il cavallo viene messo in pista, fino ad arrivare a meno di due anni. Qualunque testo di veterinaria spiega che a due anni un cavallo è ancora puledro, con la struttura ossea e muscolare che non hanno ancora completato lo sviluppo (e ci vogliono almeno altri due anni perché lo completino). A due anni un puledro, in natura, pensa al gioco ed alla socializzazione con i suoi simili…e invece negli ippodromi viene sottoposto a scuderizzazione, allenamento, competizione. A quattro anni il cavallo inizia appena a diventare adulto. Ma se è stato allevato per le corse e “non fa i tempi”, è già un “prodotto di scarto”: diventa un costo inutile per gli operatori di quell’industria.

Per anni l’ippica, o parte di essa, è riuscita a sopravvivere e contemporaneamente a costruirsi un’immagine positiva, grazie all’esistenza di associazioni che inconsapevolmente si sono prestate a questo gioco, offrendosi per un ricollocamento di un certo numero di cavalli scartati, spesso addirittura organizzando collette a questo scopo. Operazioni che IHP ha sempre considerato diseducative e comunque dannose per la tutela dei cavalli, visto che alla fine si traducono in una maggiore possibilità per gli allevatori di immettere nuovi soggetti nella loro industria.

Adesso leggiamo comunicati come quello della Federippodromi e, purtroppo, non ci stupiamo che nessuno spenda una riga per i cavalli…in perfetta linea con la considerazione che queste persone hanno dei loro cavalli: solo prodotti.
Si lancia l’allarme per le aziende e per le persone che campano sulle corse e sulle scommesse, ma non una parola per i circa 220.000 cavalli (stando alla banca dati Unire-Assi) che sarebbero i primi a fare le spese di questa più che annunciata crisi dell’ippica.

Allora siamo noi, come sempre, a preoccuparci per la loro sorte: con una lettera inviata al Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, IHP ha chiesto un incontro urgente al fine di studiare possibili soluzioni, prima che la situazione degeneri e che gli animali si trovino in stato di abbandono.

Articolo pubblicato da La Stampa
Articolo pubblicato da La Repubblica