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Anemia Infettiva Equina, un ulteriore approfondimento con richiesta di smentita

28/01/2011

(28 gennaio 2011)

Come abbiamo già visto in altri articoli sull’argomento, l’Anemia Infettiva Equina è una malattia sottoposta ad obbligo di denuncia. Per i movimenti intracomunitari è prevista solo una visita veterinaria che semplicemente certifichi che l’equide non presenti alcun segno clinico della malattia. Qualora un equide provenga invece da un allevamento in cui si sia verificato uno o più casi di AIE (o comunque sia entrato in contatto con equidi positivi), allontanati gli individui positivi, è necessario provvedere a due test di Coggins a distanza di 90 giorni l’uno dall’altro che devono risultare negativi (Dir. 90/426/CE recepita in Italia con DPR 243/94).

Nel 2007 la Commissione Europea ha deciso che i cavalli che vengono spediti dalla Romania verso altri Stati membri debbano essere obbligatoriamente testati con il Coggins Test non prima di 30 giorni dal viaggio (Decisione 2007/269/CE).

Per gli equidi residenti nei vari Paesi di norma non è necessario alcun test obbligatorio, a meno che l’equide non presenti sintomi riconducibili all’AIE o partecipi ad alcune competizioni, manifestazioni o comunque concentrazioni.

Per i casi sopra descritti, e in alcuni controlli a campione, nel Regno Unito si usa il Coggins come riferimento e l’Elisa come test veloce, economico ma poco sicuro: “Il Coggins’ test è attualmente l’unico test ufficialmente riconosciuto a scopo di movimentazione internazionale degli equini. Un test ELISA per l’AIE è stato recentemente sviluppato. Dato che questo test può fornire risultati più velocemente ed economicamente del Coggins’test, è largamente usato per lo screening di routine in popolazioni dove non ci siano sospetti di AIE (…). La maggiore sensibilità comporta la possibilità che il test ELISA produca degli occasionali falsi positivi e pertanto i risultati positivi devono essere chiariti dal Coggins’ test.” (fonte: EIA Codes 2011, Department for Enviroment, Food and Rural Affairs). Quindi in assenza di sintomi o comunque dubbi fondati, vengono testati i cavalli partecipanti a concentrazioni o manifestazioni con l’ELISA. In caso il risultato sia positivo si applica il più costoso e lungo test di Coggins per confermare o meno la positività.

In Irlanda i test ammessi per l’AIE sono il Coggins e in subordine l’ELISA (fonte: Department of Agriculture, Fisheries and Food). In Germania il test di riferimento è il Coggins (Verordnung zum Schutz gegen die Ansteckende Blutarmut der Einhufer; Bundesministeriums für Ernährung, Landwirtschaft und Verbraucherschutz. 04/10/2010). In Austria ai cavalli provenienti dalla Romania è richiesto solo il Coggins (Kundmachung des österreichischen Bundesministeriums für Gesundheit, Familie und Jugend; GZ: 74100/0049-IV/B/5/2007. Che di fatto riprende la Decisione della Commissione Europea di cui abbiamo parlato sopra, la 2007/269/EC).

Potremmo continuare all’infinito.

Supponiamo adesso per un momento che un cittadino italiano voglia portare il proprio cavallo in un altro Stato della UE. Deve far certificare che il suo cavallo non abbia i sintomi della AIE e che non sia stato in contatto con focolai di infezione (come da DPR 243/94). Se vuole rimanere a casa sua in Italia, invece, è un po’ più complesso perché è obbligato a testare il suo cavallo con il test di Coggins. In una recente nostra intervista ad un altissimo funzionario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale a Bruxelles abbiamo posto l’esempio di cui sopra e chiesto se era vero che per un cavallo Italiano è più complesso rimanere a casa che uscire dai confini nazionali e la risposta, dopo un sospiro, è stata: “Sì, è così”.

In Italia, è noto, siamo più bravi e creativi di tutti e non solo testiamo TUTTI i cavalli stanziali sul territorio nazionale ma in alcuni casi abbiamo utilizzato anche tecniche innovative quali il Western blot (detto anche Immunoblot) anche con Coggins negativi nonostante che il laboratorio che effettua tali test sembri essere certificato solo per il Coggins e l’ELISA (rev. 19 del 18/10/2010 di Accredia).

Oltre ai dubbi sull’uso della Western Blot in presenza di Coggins negativo, data la apparente mancanza di certificazione, ci sorgono dubbi anche circa le metodiche di esecuzione o la possibilità che gli anticorpi utilizzati possano essere non specifici. Ci piacerebbe che il laboratorio italiano che effettua test per l’AIE con la tecnica dell’immunoblot ci smentisse documentalmente che ottiene gli anticorpi per detto esame dal Gluck Equine Research Center (Kentucky - USA) e che essi non siano per uso diagnostico ma solo per uso di ricerca.

Questo perché qualora si confermasse che acquista anticorpi per uso non diagnostico da quel centro di ricerca americano (d’altra parte in Italia non si trovano e, per quella che è la nostra conoscenza, forse nemmeno nel resto d’Europa) a nostro avviso potremmo essere in presenza di una ricerca scientifica effettuata su equidi di privati non necessariamente consenzienti, i cui risultati avrebbero portato alla macellazione o all’isolamento di animali che per le norme in vigore e per i test certificati effettuati dallo stesso laboratorio non sarebbero dovuti essere macellati né isolati.

In Italia nel 2009 sono stati riscontrati 338 casi di positività all’AIE (fonte: IZSLT, Considerazioni conclusive “Piano di Sorveglianza nazionale per l’anemia infettiva degli equidi” – anno 2009), molti probabilmente con Coggins positivo, qualcuno forse no. In Romania sempre nel 2009 le stime sui casi di positività variano da più di 11’000 (Deutsches Bundesministeriums für Ernährung, Landwirtschaft und Verbraucherschutz) a circa 6’000 (Ufficio Federale Veterinario della Confederazione Elvetica) a fronte di controlli che reputiamo non così capillari come da noi. Con un così alto numero di casi, si comprende la decisione delle Commissione Europea di obbligare la Romania a controllare tutti gli equidi in uscita con un test di Coggins (e, naturalmente, si parla solo di Coggins).

L’Italia, Paese così migliore degli altri nel controllo dell’AIE tanto da usare anche tecniche “innovative” nell’individuazione della positività e da testare più di 200’000 equidi residenti, non testa gli equidi allevati per la macellazione, non effettua i test sui cavalli provenienti da altri paesi comunitari se il motivo dell’importazione è la macellazione o se, qualsiasi sia il motivo, la permanenza in Italia è temporanea (salve le decisioni particolari di accesso ad alcune manifestazioni eventualmente adottate dagli enti organizzatori).

Ad una analisi volutamente superficiale potrebbe sembrare che in Italia non ci si preoccupi per la malattia ma si vogliano ottenere solo risultati di positività. La prevalenza della malattia nel 2009 è stata su base nazionale dello 0,14%. Se escludiamo gli outliers (i valori statisticamente anomali) abbiamo una prevalenza dello 0,097%, nonostante le frontiere praticamente aperte all’infezione e circa dieci anni di movimenti di equidi senza alcun controllo sull’AIE (fonte: citato report del IZSLT. Per eliminare gli outliers abbiamo scelto la Regione con il maggior numero di equidi positivi e la Regione con il maggior numero di equidi presenti tra quelle a prevalenza zero). Stante che una percentuale altissima degli equidi positivi è e resterà sempre asintomatica e che questi “presentano un livello di viremia generalmente insufficiente per la trasmissione della malattia tramite gli insetti ematofagi” (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani, 25 novembre 2009), otteniamo valori di potenzialità di trasmissione dell’infezione molto prossimi allo zero.

Grazie ai dati messi a disposizione riteniamo che l’IZS abbia pienamente dimostrato che l’AIE non rientra tra le emergenze di questo Paese, nonostante forse siano state utilizzate tecniche diagnostiche che potrebbero aver erroneamente gonfiato le cifre. Ci sconforta pensare, però, che per dimostrare tutto ciò si siano macellati o condannati all’isolamento centinaia e centinaia di cavalli negli ultimi anni. Forse si poteva fare altrimenti per giungere a questa conclusione.

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